L’infinito è paradossale, affascinante. Quante sono le stelle? Infinite! E le dimensioni dell’universo? Infinitesimamente grandi Questo “valore”, se così possiamo chiamarlo, è tanto? Sì… ma tanto quanto? Per rispondere farò un esempio: mettiamo il caso che io volessi scegliere il numero dieci. Dieci è maggiore di quattro ma sarà sempre e comunque minore di Infinito; così come lo sarà sempre centomila e così come lo sarà altrettanto 903.943.344.321.231.44.323.765.446.503.912.111,948372! Questo gigantesco valore – simboleggiato da un semplice “otto al contrario” – “inghiottirà” sempre il più grande dei numeri, poiché non esiste nulla di più grande. Quello di illimitato è, dunque, un concetto abbastanza astratto e provare a quantificarlo va contro la sua natura stessa.
In geometria algebrica, la parola lemniscàta si riferisce a ogni curva a forma di otto rovesciato, tra le quali la più nota è la lemniscata di Bernoulli. Il nome alla curva fu dato dallo stesso Bernoulli e la sua etimologia deriva dal vocabolo latino lemniscus che nell’antica Roma rappresentava una sorta di nastro ornamentale per le corone. Il termine è talvolta utilizzato per rifarsi al simbolo matematico, che si riferisce all’infinito.
La parola Infinito è altresì sinonimo di eternità. Anch’essa non è quantificabile ed è altrettanto impossibile da immaginare con la nostra mente, che di sicuro adesso ti apparirà un po’ limitata. Infinito dunque, vuol dire semplicemente: “senza fine”, giusto? Questo termine – però – indica tante altre cose: una nozione filosofica, una lirica di Giacomo Leopardi, un tempo verbale (“Andare”, “Scrivere”, “Nuotare”, etc.) un album dei Litfiba (sì, quello di Vivere il mio Tempo: “sorridi, ora…”), etc.
Nel mondo dei numeri, e cioè nella Matematica – più specificatamente in un suo ramo detto “Analisi” – assume, però, un concetto ancora più complesso. Oltre ad essere una compattificazione della retta reale mediante l’aggiunta di due punti, si ha la seguente definizione:
Si dice che una successione an di numeri reali tende all’infinito positivo se essa assume, per n tendente all’infinito, valori arbitrariamente alti; dato cioè un qualsiasi numero K>0, esiste un numero H, dipendente da K, tale che per ogni n>H si ha a>K. In questo caso si dice che il limite di di a per n tendente all’infinito è uguale a “più” infinito e si scrive
Cosa emerge da tutto ciò? Che quella successione chiamata an, tende all’infinito e cioè si avvicina ad esso se questa assume – per n tendente ad “ottoalcontrario”, come molti dicono – valori arbitrariamente alti. Valori, dunque, per noi elevatissimi. Non vi è una visione oggettiva di quanto questo valore possa essere elevato – visto l’utilizzo della parola “arbitrariamente” presente nella spiegazione – ma il tutto è basato su una discrezione individuale.
Analogamente si dice che una successione an di numeri reali tende all’infinito negativo se essa assume, per n tendente all’infinito,valori arbitrariamente bassi; dato cioè un qualsiasi numero K>0, esiste un numero H, dipendente da K, tale che per ogni n>H si ha a<-K. In questo caso si dice che il limite di a per n tendente all’infinito è uguale a “meno” infinito e si scrive:
Stesso concetto, quindi, ma con una piccola differenza: i valori non saranno per noi infinitesimamente grandi – come nel primo caso – ma infinitesimamente piccoli. Dunque, l’infinito – in questo caso – non è altro che un numero negativo estremamente basso impossibile da valutare quantitativamente.
Blogger e scrittore ventenne nato a Taranto. Collabora con diverse agenzie di marketing digitale e operativo. Ha pubblicato il manuale Windows 10: Guide e Soluzioni e il libro di narrativa storica Cronache di un Palazzo Abbandonato.