Se Pirandello fosse stato un autore contemporaneo alla nostra epoca, avrebbe affrontato il tema delle personalità aggiungendo un solo ingrediente: i social network.
Le idee contenute nel romanzo L’amore ai tempi di Facebook di Mattia Carzaniga e Giuseppe Civati e il pensiero di Luigi Pirandello hanno qualcosa in comune. Si toccano appena, in alcuni punti che però sono abbastanza rilevanti. Entrambi sono precursori di un uomo in crisi, debole, ricco di falsità ed ipocrisia. Il romanzo, scritto nel 2009 è solo l’anticipo di quella che sarebbe diventato il mondo dei social a distanza di qualche anno. Mentre, ciò che sosteneva Pirandello, non fa altro che accentuarsi ai giorni nostri.
Quella maschera in foto profilo
Nelle novelle e nei romanzi di Pirandello è frequente il tema della “maschera”, come espressione della falsità delle “forme” che ingabbiano la “vita”. E’ una scrittura molto incentrata al teatro, dove i personaggi aspirano ad una vita fatta di verità e pienezza, ma devono sostenere il peso di questo volto. Le convenzioni sociali li obbligano ad assumere ruoli ed identità innaturali. Vivono così, senza consapevolezza, a meno che qualcosa non spalanchi la loro visione della “vita nuda“. La funzione di questi personaggi è quella di testimoniare il dramma della persona che vive dietro l’apparenza. Tutto ciò veniva espresso ben cento anni fa.
Le convenzioni sociali obbligano i personaggi ad assumere ruoli ed identità innaturali.
Felicità apparenti, emozioni nascoste. Fotografie di gruppi di amici che sorridono, ma che in realtà neanche si conoscono davvero. Famiglie unite, ma che dopo lo scatto tornano ognuno a condurre la propria vita senza scambiarsi una parola. Coppie che “stanno bene insieme”, ma che finita di caricare la foto iniziano a litigare. Peggio ancora, gente al ristorante e in crociera che si sente ricca, ma alla fine si è riempita di debiti. Tutti questi sono esempi di maschere, di personaggi obbligati ad assumere ruoli innaturali.
Tutti con una maschera virtuale sul volto. Che siano le immagini, che sia quello stato di Relazione Complicata su Facebook. Quel volto che ci poniamo nelle foto a mezzo viso, con la luce perfettamente allineata al nascondere i difetti.
Binet, Marchesini e i “Leoni da Tastiera”
Sui social ognuno assume titoli che non ha mai avuto e inizia a scrivere commenti feroci, credendo di avere sempre ragione. La rabbia dell’uomo ignorante che si mescola con i pensieri dell’uomo ragionevole. Tutto in un grande intruglio di idee in cui non si sa più quali sono quelle giuste e quelle sbagliate. Non ci sono valori morali certi. Marchesini lo teorizzava, Pirandello lo confermava. Non esiste una vera idea del bene, del dovere. I valori sono solo credenze, ognuno li vede come vuole. E le personalità sono una o due, ma anche centomila. E quando si scopre che in realtà si stava sbagliando e che la vera persona è una o l’altra senza neanche più riconoscersi, si entra in crisi. Tanto, alla fine, Binet aveva ragione. Ognuno si adatta come vuole al contesto in cui si trova. In bacheca, online, tutti a far valere il proprio pensiero, tutti si espongono in una gigantesca mostra di pensieri giusti. Nella vita reale, neanche ti salutano per strada.
Mattia Pascal e Adriano Meis morti? Fake news!
Il fu Mattia Pascal
Mattia è il protagonista del romanzo Il fu Mattia Pascal, scritto nel 1904 da Luigi Pirandello. Il tema principale del racconto è la sua identità individuale, contrapposta a quella del suo alter ego Adriano Meis.
Dopo la morte del padre, la madre di Mattia decide di far amministrare i beni della famiglia a Batta Malagna, un amministratore disonesto che ruberà la maggior parte del patrimonio. D’altronde, lui e suo fratello Roberto erano ancora troppo giovani per potersene occupare.
In tutto questo, Mattia mette in cinta la nipote del Malagna, ed è costretto a sposarla per rimediare all’offesa provocata. Impoverito dalla cattiva gestione dell’eredità paterna, prende impiego come bibliotecario e va a vivere con sua moglie a casa della suocera, donna che lo disprezza profondamente. In poco tempo la vita matrimoniale diviene insopportabile e dopo la perdita di entrambe le figlie, il protagonista decide di partire per Montecarlo per tentare la fortuna al gioco. Vince una cospicua somma ma, nel viaggio di ritorno a casa, scopre sul giornale del ritrovamento di un cadavere al quale è stato attribuita la sua identità. Approfitta della notizia errata per potersi creare una nuova identità e farsi una nuova vita, attribuendosi il nuovo nome di Adriano Meis.
Si trasferisce a Roma, dove vive in una pensione dal signor Paleari. Sin da subito si accorge del grave sbaglio che ha commesso. La mancanza di documenti gli proibisce di denunciare un furto subito e, peggio ancora, non può sposarsi con la figlia di Paleari del quale si era perdutamente innamorato.
Da qui, inscena un suicidio e diffonde la notizia della morte del suo alter ego. Ritorna a Miragno, ma scopre che sua moglie si è risposata con il suo caro amico Pomino dal quale ha avuto anche una figlia. Torna a fare il bibliotecario, completamente dimenticato da tutti, dove ogni tanto passa il tempo spolverando la sua tomba.
Morti nelle news, vivi nella realtà
Quante notizie di gente scomparsa o di gente deceduta circolano ogni giorno? Tantissime. Che tu sia famoso o che la tua morte sia stata così terribile da fare notizia sei su giornali, televisioni, blog, profili Facebook. Insomma, dappertutto. Se Mattia Pascal fosse vissuto adesso, sarebbe bastato anche un post su Facebook per dichiarare morto il suo alter ego. Quante volte si annuncia la morte di gente che invece sta benissimo? Sempre. La Fake News nasce, si diffonde e confonde. Ed è facile sfruttare la viralità del web per trasmettere ovunque una notizia infondata. E, spesso, ci vogliono molte discussioni per sconfigurare il falso…
Adriano è un fake
Adriano è un’identità, come si direbbe oggi, fake. Cioè una persona che in realtà non esiste. Sui social la maschera del fake è sempre presente e si può fare ben poco per confermare la propria identità. Ma, alla fine, come ci insegna Pirandello, le convenzioni sociali non permettono di non essere noi stessi fino in fondo.
L’amore ai tempi di Facebook
Se Pirandello fosse stato su Facebook, avrebbe scritto un libro come l’Amore ai tempi di Facebook. Ovviamente, sarebbe stato di un livello molto più alto ed adatto ad una figura letteraria come la sua, ma comunque incentrato sulla crisi dell’io e sulle maschere. Dal trovare l’amore semplicemente con un click all’insieme di dati che compongono un profilo e che definiscono un’intera personalità, spesso falsa.
Questo libro riflette, con spirito critico, su tutto ciò che sono i social network con particolare attenzione a Facebook. E da qui la politica 2.0, gli eventi organizzati online colmi di gente sconosciuta, le chat nate alle tre del mattino con gente che si dissolve la sera dopo e le tante cene promesse a ragazze virtuali che chissà pure se esistono. Un ritratto del mondo contemporaneo, seppur nel 2009, quando ancora era un fenomeno in via d’espansione.
Lo scambio di amicizia su Facebook gradualmente ha sostituito la conoscenza nei locali davanti ad una birra. Il corteggiamento? Adesso il primo passo in avanti consiste in un like su Instagram o un commento su Twitter. E’ questo l’amore oggi, ai tempi dei social.



Blogger e scrittore ventenne nato a Taranto. Collabora con diverse agenzie di marketing digitale e operativo. Ha pubblicato il manuale Windows 10: Guide e Soluzioni e il libro di narrativa storica Cronache di un Palazzo Abbandonato.